don Marco Zaina:
Il tempo passa, inesorabilmente. Chi “spazia” nel mondo della musica leggera italiana potrebbe ricordare il testo di una canzone dove ad un certo punto si dice: “Tempo! Comunque vadano le cose, lui passa”
Passa, sempre alla stessa velocità. Talvolta ci sembra non passi mai, talvolta abbiamo l’impressione che ci sfugga, che voli. E’ molto bella in tal senso l’immagine della spola che la prima lettura (Giobbe) ci propone in questa domenica. Se ci è capitato di veder usare una macchina da cucire di quelle vecchie (ma non solo quelle) avremo notato quel piccolo “rocchetto” con il filo avvolto sopra, che gira vorticosamente su se stesso mentre si cuce. Può dare l’idea di come il tempo scorre veloce.
Ebbene la nostra vita è tempo che abbiamo a disposizione per due cose: VIVERE; e non è banale, perché significa incontrare, ascoltare, seguire Gesù e sentirci “inviati”. VIVERE è questo.
La seconda segue la prima: se siamo inviati, lo siamo verso gli altri, verso coloro che sono “lontani”, verso coloro che VIVONO MALE, che sono malati. E portarli a Gesù, perché lo incontrino, lo ascoltino, lo seguano e a loro volta si sentano inviati, guariti.
In tutto questo dobbiamo avere solo un timore: “quello di perdere tempo”. Perché passa, comunque vadano le cose. Non dovremmo mai arrivare a fine giornata dicendo: “Ho perso tempo”: sarebbe stata una giornata in cui non abbiamo vissuto…..
don Giovanni De Rosa:
Oggi l’evangelista Marco ci descrive i primi momenti iniziali del ministero di Gesù a Cafàrnao. E percepiamo che Lui attinge tutto dalla preghiera solitaria. E tutta la sua attività è appunto vissuta e realizzata in comunione profonda con il Padre. Però per Gesù era importante anche l’ascolto della Parola annunciata durante la preghiera comunitaria in sinagoga. E la guarigione della suocera di Pietro ci fa comprendere come anche noi possiamo essere “guariti” da Cristo. Perché Lui reagisce di fronte al dolore umano, nelle ore buie e nelle situazioni più difficili, egli è sempre presente vicino a noi, non è indifferente. Gesù oggi ci dice che si fa solidale con ogni dolore. Però come avvenne per la suocera di Pietro anche noi dopo essere guariti siamo chiamati a “fare del bene” nel nostro stile nelle relazioni umane.
fra Roberto Benvenuto:
Del male tutti noi facciamo dolorosa esperienza. Per non dire di questo tempo che stiamo vivendo. Come Giobbe proviamo, abbiamo provato o proveremo la malattia, l’angoscia, l’incertezza per il futuro, l’avvicinarsi della morte. Ma non siamo né soli né abbandonati. A partire dal nostro Battesimo ci è stata donata la luce di Gesù, che in questo nostro faticoso e sofferto vivere si fa non solo compagno di strada, ma ci soccorre, ci sostiene, ci guarisce. Anche in questa Domenica il Vangelo ci mostra il Signore Gesù che guarisce dal male. E in questo invito alla suocera di Pietro di sollevarsi dal letto ci fa intuire un annuncio discreto e realissimo di resurrezione. Dalla assidua frequentazione di Gesù nei sacramenti, come già gli apostoli nel quotidiano, anche noi possiamo imparare che abbiamo un medico del corpo e dello spirito, e possiamo avere il cuore così pieno di speranza certa da indurci a gesti, atteggiamenti e parole di guarigione per chi, sofferente, incrocia la nostra esistenza.
Scrive Ambrogio: “Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è il medico; se bruci dalla febbre, egli è la fonte d’acqua; se sei oppresso dall’iniquità, egli è la giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se temi la morte, egli è la vita; se desideri il cielo, egli è la via; se fuggi le tenebre, egli è la luce; se cerchi cibo, egli è il nutrimento” (De virginitate 16,99).