don Giovanni De Rosa:
Da questa domenica Marco è sostituito da Giovanni del quale leggeremo tutto il sesto capitolo, dedicato alla presentazione del Pane di Vita. Il testo di oggi è così denso di motivi e di riflessioni che ci appare necessario fare delle scelte. È importante dire che la volontà di coinvolgimento che Gesù esprime. Il Maestro, pur sapendo bene “quello che stava per compiere”, si rivolge a Filippo perché possa fare l’esperienza di farsi carico delle necessità di quelli che lo seguono. Si nota qui l’invito che era stato rivolto ai pastori della Chiesa di lasciarsi interrogare dai bisogni del popolo santo di Dio. In fondo Filippo come Andrea è un membro del collegio apostolico che ha nei vescovi i cuoi continuatori. La sinodalità viene espressa dal coinvolgimento a cascata di Andrea e dell’Ignoto ragazzo. La soluzione, appena intravista, è valorizzata da Gesù che riprende la situazione sotto il suo controllo. Ci dovrebbe colpire che a differenza di Eliseo è Gesù stesso che distribuisce direttamente il pane e i pesci. Ed è proprio ciò che avviene ancora oggi nella nostra Eucarestia dove pur nella diversità dei luoghi, dei tempi è il medesimo Cristo che sfama coloro che sono “seduti” al banchetto dove Lui è servo e cibo.
don Marco Zaina:
A colui che porta del pane d’orzo e grano novello all’uomo di Dio, viene detto di darlo da mangiare alla gente.
Per le persone presenti, nonostante la ragionevole perplessità degli apostoli, quei cinque pani e i due pesci sono più che sufficienti; anzi ne avanzano dodici canestri. E si tratta di circa cinquemila persone.
Dio è Provvidenza. Dà una risposta alla nostra fame. Ci dona il pane necessario al nostro sostentamento.
Prima di tutto sfama la nostra “fame spirituale”. In quelle folle che accorrono a Lui per ascoltarlo, c’è bisogno di una parola di conforto, di incoraggiamento, di speranza.
Qualcuno potrebbe osservare che sì, è importante dare un sostegno spirituale, psicologico, ma è altrettanto importante “mettere qualcosa nello stomaco”; “sacco vuoto non sta in piedi” recita la sapienza popolare. Ed è vero. Le belle parole, i consigli, le esortazioni, gli insegnamenti, non tolgono la fame a chi non vede cibo da parecchio tempo, e deve arrangiarsi come può.
E se poi ci fermiamo a riflettere ancora un po’, ci accorgiamo che c’è fame anche di altro: di lavoro, di verità, di fedeltà, di sincerità, di accoglienza, di solidarietà, di dialogo, di pace, di attenzione al prossimo, di credibilità, di fiducia, ……
Allora il pane che Gesù ci dona, a cosa serve se sfama la “fame spirituale”? Sono solo parole….
Pensandoci bene -forse dopo un primo momento di smarrimento perché pensiamo che alla fine potrebbe aver ragione chi sostiene che il vangelo è una bella storia, ma nulla di più- dietro alle diverse tipologie di “fame” che proviamo oggi, manca proprio un nutrimento che aiuta a dar risposta a quei bisogni.
Sotto sotto infatti, in ogni situazione manca l’amore, la Carità, la disponibilità all’ascolto, al dialogo, al perdono, a collaborare, ad aiutarsi. Abbiamo bisogno di questo, di queste cose che non si trovano in vendita al supermercato, o su qualche sito. E la Parola di Gesù è quel cibo di cui l’uomo ha necessità. Sfamati questi bisogni, allora troveremo anche il modo di sfamare quelli più concreti.