don Marzo Zaina:
Prendiamo in mano il foglietto di questa 30° domenica e rileggiamo le letture che la liturgia della parola ci propone. Se volessimo sintetizzarne il contenuto, potremmo dire che nel brano di Geremia Dio si rivela come Colui che porta salvezza, vita, libertà dalla schiavitù, gioia.
Il salmo è la preghiera dell’uomo che riconosce le grandi opere di Dio e rende grazie invocandone ancora l’aiuto.
Il brano della lettera agli ebrei sottolinea l’importanza della preghiera, riferendosi esplicitamente al sacerdote, che viene scelto fra gli uomini per essere tale, ma con la consapevolezza e l’umiltà di riconoscersi fragile, “rivestito di debolezza”, e per questo deve poter capire e comprendere coloro che sbagliano e aiutarli ad avvicinarsi al Dio che ha fatto cose grandi per il suo popolo.
Il vangelo può, a sua volta, essere la sintesi di quanto sopra. Il cieco, consapevole della sua infermità, quando sente che sta passando Gesù, lo invoca, lo prega di sanarlo, di poter vedere. Riconosce in Gesù il Dio che ha fatto cose grandi. E una volta guarito, lo segue, ben sapendo che Dio ha fatto anche per lui qualcosa di grande.
Per noi tutto ciò sia invito a riconoscerci fragili, deboli; per questo bisognosi di Dio. Abbiamo il dono della Fede che ci permette di riconoscere Dio nella nostra vita e di invocarlo nella preghiera, affinché, nonostante le nostre infermità, ci aiuti a seguirlo e a vivere e condividere il Suo dono: Egli ci aiuta a vedere, e così, a nostra volta, possiamo aiutare altri ad andare a Lui.
don Giovanni De Rosa:
Il Vangelo oggi ci richiama all’aspetto della guarigione e della conversione di un cieco.
Gesù sta uscendo da Gérico e Bartimèo, che siede sulla strada mendicando, grida: “Figlio di Davide, abbi pietà di me”. Molti vogliono farlo tacere, ma egli grida ancora più forte perché, cieco nel corpo, è “veggente” nello spirito e riconosce in Gesù il Messia atteso. La fede gli impedisce di tacere, egli è sicuro che troverà in Gesù la salvezza. È così proteso verso il Signore, che, appena il Maestro lo chiama, egli getta via il mantello, balza in piedi e gli è davanti. Il Signore lo interroga: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Ed egli: “Rabbunì, che io veda di nuovo”. E Gesù gli risponde: “Và, la tua fede ti ha salvato”. L’incontro di queste due forze fa scattare il miracolo. Gli occhi spenti del cieco si illuminano e vedono Gesù: vederlo e seguirlo è tutt’uno. E noi in ogni celebrazione eucaristica viviamo questa unità con Lui.