don Marco Zaina:
“E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti”
Chi l’avrebbe mai detto!?!?!?Da un paesino così piccolo, una persona così importante!! Addirittura un dominatore, un Re!!!!
Eppure così è stato. Col senno di poi ci rendiamo conto che effettivamente quel bambino nato a Betlemme -tra l’altro mentre i suoi genitori erano in viaggio e quindi nemmeno nel paese che sarebbe stato il suo- è diventato Colui che avrebbe cambiato il mondo.
Due sono le considerazioni che possiamo fare dopo aver letto questo brano del profeta Michea.
Già il fatto che Gesù nasca in un paese che non è quello di residenza, può farci capire che Gesù non avrà fissa dimora. I vangeli ce lo presenteranno sempre in movimento, da una città all’altra, per incontrare tutti: immagine di una Chiesa in cammino, in uscita (come dice Papa Francesco). Gesù vuol essere …… per tutti.
Il secondo pensiero è che non è vero che solo dalle grandi cose nascono cose grandi.
Spesso è proprio il contrario: dalle piccole cose nascono cose che diventeranno grandi.
Basti un esempio: una persona diventa importante, non perché una scuola “importante” gli ha insegnato delle cose; ma perché ha imparato dai piccoli insegnamenti di casa a comportarsi in modo da diventare una persona importante. Che non vuol dire necessariamente famosa, ma semplicemente importante….per quello che è……per me, per te.
Da quel paesello è nato un bambino che è diventato importante…..per tutti.
don Giovanni De Rosa:
Dopo aver ricevuto dall’angelo l’annuncio che la cugina Elisabetta, anziana e sterile, è al sesto mese di gravidanza miracolosa, Maria sa che la cugina ha bisogno di aiuto, e affronta il viaggio seguendo la strada percorsa dall’arca, quando Davide la trasportò attraverso il paese di Giuda fino a Gerusalemme. Quando Maria giunge alla casa della cugina, costei vive in una profonda esperienza messianica, che le fa sussultare di gioia, mentre il suo bambino le danza in grembo. Il canto che sgorga dal cuore di Elisabetta è costituito, sostanzialmente, da una “benedizione” e da una beatitudine. “Benedire”, nella tradizione della preghiera ebraica, è lodare Dio Creatore e Signore dell’Universo, per l’opera della creazione e per una azione salvifica compiuta da Dio a beneficio di un singolo, o di tutto il popolo. “Benedetta” e “benedetto” sono due participi passati: il soggetto che benedice è Dio. Maria è “beata” per aver creduto nell’efficacia della Parola di Dio, fidandosi di quanto il Signore le aveva detto per bocca dell’angelo. L’adesione di Maria al progetto di Dio su di Lei la rende credente, non come un atteggiamento transitorio, ma come un modo costante di rapportarsi alla volontà di Dio. Quanto dobbiamo ancora imparare da Lei.