don Giovanni De Rosa:
Gesù si presenta ai suoi attraverso la parabola del buon pastore. Il buon pastore, ci dice, ama le sue pecore, le raccoglie, le guida e le protegge fino a dare la sua stessa vita. Il distintivo del buon pastore è l’amore con cui egli si prende cura delle sue pecore, anzi, il suo unico interesse è che le pecore possano vivere serene e protette. Gesù si propone come colui che realizza pienamente il nostro desiderio di speranza vera, di salvezza autentica. E mai in questa giornata in cui preghiamo per le vocazioni sacerdotali la nostra preghiera risulta essere vana. Siamo chiamati a pregare per i nostri seminaristi … l’essere stati scelti dal Signore è l’amore che accompagna questi ragazzi sui loro passi, che li fa avanzare con gioia verso le persone, sempre rispondendo a quell’amore infinito che li ha riempiti e colmati. Tutto sta in questo Amore del buon pastore, che accoglie, ama, protegge… la vocazione è un invito a seguire Gesù lungo la strada che ha pensato per ciascuno di noi, per la nostra felicità e per il nostro bene. Unica cosa: bisogna fidarsi di Lui.
Ogni tanto preghiamo anche per i nostri seminaristi.
don Marco Zaina:
Per ben comprendere il brano degli Atti degli Apostoli di questa domenica, in cui preghiamo per le vocazioni, bisogna leggere il capitolo 3 dello stesso libro. Si racconta di come Pietro e Giovanni, salendo al tempio, incontrino uno storpio che chiedeva l’elemosina.
Pietro si rivolge a costui e gli dice: “Guarda verso di noi” (leggendo con l’attenzione della fede, sembra di vedere lo sguardo profondo, intenso di Pietro e nel suo sguardo, quello di Gesù).
Ciò che quell’uomo riceve non è qualche soldo, ma la guarigione: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”
Non c’è nulla di più bello che essere guariti. E non c’è somma di denaro che possa ottenere “quella guarigione”. Che non è tanto la guarigione dal male fisico.
Oggi l’uomo ha bisogno di essere guarito dal male della solitudine, dell’emarginazione, dell’abbandono, dell’ingiustizia, dell’incomprensione, della delusione, della disperazione, del pregiudizio. Chi è affetto da queste “malattie” ha bisogno non tanto di qualcuno che gli dia dei soldi, ma di chi, guardandolo negli occhi, possa donargli “quella guarigione”.
E forse anche tu che stai leggendo potresti essere come Pietro e Giovanni: chiamata, chiamato e inviata, inviato in mezzo alle persone per “guarire”.