don Giovanni De Rosa:
Siamo al mattino dell’Ascensione. Giorno in cui “l’assenza rende più testardo l’affetto, più tenace l’amore”. È un po’ come quando in alcuni giorni ci sentiamo grandi di botto. Tutto ciò che hai imparato devi metterlo in pratica! Tutto quello che hai appreso dalle sue parole, dai suoi gesti, dai suoi silenzi, devi trasmetterlo ad altri come se tu fossi proteso di Lui nello spazio e nel tempo. Eccoci nello stesso luogo in cui Egli ha pianto sulla “città perduta” che non ha saputo riconoscere il giorno della pace; e adesso qui piangono gli Undici perché la partenza del padre li sorprende come bambini, ma da qui partono gli Undici portando il dono della pace con le sue parole risorte “Pace a voi!”. Con oggi si chiudono i giorni santi della sua presenza visibile tra noi, ora, si aprono le porte ai “tuoi” giorni visitati da Lui con una gioia improvvisa, con una grazia senza volto, con una voglia matta di correre perché non c’è più tempo da perdere. Tutto ora è lasciato al tuo vivere la tua fede: in casa, con gli amici, in parrocchia, in Diocesi, all’interno della Chiesa…e tutto grazie al Suo Amore in te.
don Marco Zaina:
Quando leggiamo i racconti dell’ascensione di Gesù (e questa domenica ne abbiamo due: quello del vangelo, piuttosto sintetico, e quello degli Atti degli apostoli, molto dettagliato) non possiamo non fermarci a pensare come sia stato possibile che Gesù sia salito in cielo. Non era uno spirito: Egli stesso lo aveva dimostrato e aveva proposto agli stessi apostoli di verificarlo. Non è nemmeno immaginabile qualche strano meccanismo che lo avesse trasportato in cielo… La mente a questo punto non farebbe altro che produrre sciocchezze.
E allora, risolvendo la cosa dicendo che essendo Dio poteva questo e altro, ci mettiamo il cuore in pace e ci concentriamo per un po’ sugli apostoli che rimangono in attesa dello Spirito Santo che Gesù aveva loro promesso.
Forse però potremmo fare anche qualche altra considerazione.
Ci sarà capitato, sotto un cielo “chiazzato” da un po’ di nuvole, di vedere -piccolo piccolo- un aereo. Ad un certo punto l’aereo entra dentro un gruppo di nuvole e sparisce alla vista. Sapendo che i suoi spostamenti sono pressoché rettilinei, ci aspettiamo di vederlo ricomparire all’estremità opposta di questo insieme di nuvole. E invece no. Magari ricompare più avanti, oppure rimane nascosto. Ma la cosa non desta tanta preoccupazione tant’è che abbassiamo lo sguardo e ci concentriamo su altro.
Ebbene: sappiamo cos’è un aereo, che si alza in volo partendo da terra, che trasporta persone e cose da una città ad un’altra molto lontana. Difficilmente però impieghiamo del tempo a pensare su come l’aereo riesce a salire in alto. E non ci preoccupa più di tanto, o forse nulla, il fatto di non vederlo uscire dalla nuvola: sappiamo che sta lassù, da qualche parte e che arriverà a destinazione, che persone e cose scenderanno. Di questo ne siamo sicuri.
E allora perché spendere tempo a pensare a come sia possibile che Gesù sia salito al cielo e scomparso agli occhi degli apostoli? Perché limitarsi a guardare in alto cercando di capire dove va?
Perché non lasciar spazio invece al mio essere certo che Gesù è da qualche parte ma non importa dove? Mi basta sapere che c’è (Fede).
Perché non riportare lo sguardo alla vita di ogni giorno con la consapevolezza però che da questo momento, sono chiamato ad arricchire e vivere la mia vita con ciò che Gesù mi ha lasciato, mi ha donato (lo Spirito Santo) e rafforza ogni giorno, rendendo così speciale questa mia vita?
Perché non pensare che salendo al cielo in quel modo, Gesù mi vuol far capire che nella vita c’è bisogno della Fede (sacramenti, preghiera, catechesi) , per credere e quindi riuscire ad amare fino in fondo?
Perché non concentrarci sulle piccole (per noi)-grandi (per Dio) cose che possiamo, abbiamo la capacità di fare, di essere, di vivere e questo semplicemente amando come Gesù ci ha insegnato?