due parole per domenica 20 settembre 2020

don Marco Zaina:
Una delle cose “strane”, singolari che desta sempre attenzione quando se ne parla, è la “capacità di leggere il pensiero”. Qui la fantasia si scatena, pensando alle cose che si potrebbero conoscere leggendo il pensiero altrui; la cosa però indubbiamente metterebbe in crisi, perché chi legge il pensiero sa cosa l’altro sta pensando e potrebbe effettivamente non essere molto simpatico. Si invocherebbe subito il diritto di privacy.
Questo pensiero nasce ascoltando la lettura di Isaia dove Dio dice al suo popolo “i miei pensieri non sono i vostri pensieri….”. Verrebbe da chiedere: “Ma quali sono i tuoi pensieri, Dio?”.
E immagino che Pietro, quando si sentì dire da Gesù: “…..tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini”, sia rimasto molto male; in fin dei conti, in cuor suo, in quel momento voleva solo mostrare il suo grande affetto per Gesù. E dopo qualche istante di smarrimento forse gli avrebbe voluto chiedere: “Ma allora, Signore, quali sono i pensieri di Dio?”

Che il nostro modo di pensare sia spesso lontano da quello di Dio, Gesù lo evidenzia con la parabola del padrone di casa che esce per cercare lavoratori per la sua vigna. Alla fine li paga tutti allo stesso modo suscitando l’evidente indignazione di chi ha lavorato per tutta la giornata e alla fine si trova pagato come chi ha lavorato poche ore. Purtroppo il “difetto” dell’uomo è quello di voler monetizzare le cose, tradurre economicamente ogni cosa, e arrivare a decidere se conviene o meno. Stiamo dimenticando la gratuità, il fare le cose per passione, o meglio, per amore. Non pensiamo secondo Dio, ma secondo le dinamiche che l’uomo costruisce per i suoi interessi.
Chiediamo a Dio: “Insegnaci i tuoi pensieri, affinché possiamo conoscerli, comprenderli e viverli”.
Pensandoci bene, qualche pensiero Dio ce lo ha già rivelato e lo stiamo vivendo, per fortuna ancora senza volerlo tradurre economicamente (almeno per il momento; forse!!!!):
La famiglia……non si sceglie di sposarsi per accumulare capitali, ma per amore
Il volontariato…..non ci si mette al servizio degli altri per essere ripagati
Lo stile con cui si svolge la propria professione……non si lavora solo ed esclusivamente per guadagnarsi il pane, ma anche per il bene altrui; e lo si fa con passione; diciamo che si lavora con carità
Credo che Dio ci abbia dato facoltà di leggergli il pensiero quando parliamo di famiglia, di volontariato, di lavoro arricchito di carità. E, siamone certi, non protesterà mai perché abbiamo violato la Sua privacy.

fra Roberto Benvenuto:
A volte ci è capitato di pensare: io che sono buono con gli altri, generoso, vado a Messa, offro il mio tempo per un servizio, mi meriterei che il Signore avesse almeno un occhio di riguardo, mi compensasse con più salute, più benessere ….
La Parola di oggi dà un taglio netto a questo nostro modo di pensare. Le vie e i pensieri del Signore non sono le nostre vie e neppure i nostri pensieri.
Le nostre logiche di bene fatto e da retribuire sono del tutto ribaltate e sconvolte dalle parole del profeta e dalla parabola del Vangelo.
Dio è quel padrone della vigna che cerca lavoratori e li compensa con logiche di amore infinito, gratuito, aperto a tutti.
Seguire il Signore che ci guida lungo queste ardue e sconvolgenti vie significa per ciascuno di noi rifuggire da ogni tipo di invidia e immergersi in vie di gratuità senza confini di meriti, appartenenze, simpatie, senso di giustizia limitato e limitante l’amore infinito e vero del Padre.

don Giovanni De Rosa:
Nel padrone della parabola è facile riconoscere Dio, e negli operai gli uomini, chiamati da lui a “lavorare” per lui, a vivere in sintonia con lui. I primi chiamati furono gli appartenenti al popolo eletto, i discendenti di Abramo, i quali al tempo di Gesù si meravigliavano delle sue aperture agli “indegni” (i pubblici peccatori e gli appartenenti ad altri popoli) cui offriva le stesse prospettive. Anche oggi qualcuno considera ingiusto che una persona vissuta a combinarne d’ogni colore, se magari all’ultimo momento si converte, possa andare in paradiso al pari di chi per tutta la vita si è mantenuto fedele. A quanti, allora come oggi, trovano ingiusto il suo comportamento, Gesù vuole far comprendere che quella della giustizia non è la regola più alta. Il padrone della vigna non viola la giustizia: dà ai primi quanto pattuito; ma la supera, con la generosità. Gli operai ingaggiati all’alba non considerano che essere chiamati a lavorare e ricevere una paga, da disoccupati quali erano, è già una fortuna: un dono di Dio, una grazia. Nulla ci è dovuto, nessun diritto gli uomini possono accampare davanti a Dio. Tutto è grazia; tutto quanto abbiamo di bello e buono, l’abbiamo ricevuto in dono; di tutto dobbiamo essere riconoscenti, e il modo sta nel cercare di fare nostro lo “stile” di Dio. Nella nostra vita pubblica, come nei rapporti privati, troppe volte anche noi cristiani ci limitiamo a praticare e pretendere ciò che è, o ritengono, giusto. Dimenticando che la giustizia, per un cristiano, non è abbastanza; l’insegnamento e l’esempio del Maestro invitano non a negarla ma a non chiudersi in essa, ad andare oltre, con l’amore. Come sarebbe diverso il mondo, se ce ne ricordassimo più spesso! Quante liti, quanti rancori sparirebbero, se invece di atteggiarci a ragionieri che conteggiano minuziosamente ragioni e torti, ci lasciassimo guidare dalla generosità! Non dimentichiamo quante volte Dio ha passato un colpo di spugna sulle nostre offese a lui. Non dimentichiamo di dare attuazione a parole pronunciate spesso con troppa leggerezza: Rimetti a noi i nostri debiti, “come noi li rimettiamo” ai nostri debitori. Pensiamoci….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *