don Marco Zaina:
“….finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio”.
Solitamente quando si parla di sigilli, ci si può riferire a qualcosa che viene chiuso, sigillato in maniera tale che se per caso dovesse venir aperto, la cosa si noterebbe. Oppure si parla di qualcosa che viene autenticato. In entrambe i casi, il sigillo è una garanzia.
Ebbene: le Beatitudini del vangelo di questa domenica indicano uno stile di vita che fa della persona un cristiano autentico. Non a caso il giorno della cresima il Vescovo dice: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”.
Attenzione però: quel sigillo di autenticità non è da considerare l’attestazione di un traguardo raggiunto con merito. Piuttosto è garanzia che di quella persona ci si può fidare, perché vive in pienezza la forza dello Spirito Santo.
fra Roberto Benvenuto:
Se noi pensiamo ai santi ci vengono alla mente eroi, pressoché irraggiungibili, data la loro straordinarietà. Il Vangelo di oggi ci aiuta invece ad avere dei santi una comprensione diversa. Santo è chi vive in pienezza le beatitudini. Non si tratta solamente di essere fedeli a delle leggi morali. Tutto si può concentrare in un’unica frase: vivere le beatitudini come le ha vissute Gesù. Il criterio per capire e vivere le beatitudini allora è la persona di Cristo. Come Gesù ha vissuto la povertà in spirito? Come Gesù ha vissuto l’afflizione? Come Gesù ha vissuto la fame e la sete di giustizia, e come Gesù ha testimoniato la purezza di cuore e la misericordia? Queste sono le vere domande che ognuno dovrebbe porsi. Vivere le beatitudini significa spogliarsi di se stessi e scegliere Gesù come primo, unico, vero bene. Le beatitudini allora le possiamo descrivere come l’orizzonte luminoso a cui tendere, giorno dopo giorno, per essere pienamente uomini e donne felici, realizzati, così come Gesù ha pensato per ciascuno di noi.
don Giovanni De Rosa:
Eccoci al mese di novembre dove siamo tutti chiamati alla santità. Il 1 novembre ci fa riflettere su chi sono i Santi? È una moltitudine immensa, che nessuno può contare. Ma guardando con gli occhi affinati della fede, sono mamma, papà, fratelli, sorelle, giovani, amici che, in famiglia, a scuola, sul lavoro, hanno fatto della loro vita un dono. La santità è un atto d’amore che parte dal cuore di Dio ed è, nel contempo, una risposta che l’uomo nell’amore dà al dono di Dio. Il 2 novembre, tutti saremo pellegrini verso i cimiteri, deve risuonare di più nel nostro cuore la parola del salmista: “I Signore è mia luce e mia salvezza…”. Il cimitero è il luogo della pietà, è il giardino dove dormono i nostri cari in attesa della risurrezione finale. In questa giornata, non nascondiamoci anche noi come Giobbe gridiamo, soffriamo, ci sentiamo impotenti dinanzi alla morte ed è con essa che sperimentiamo la nostra fragilità. Anche oggi il grido di Giobbe si fa sentire, invade le città le nostre famiglie, abita i nostri cuori. Ma questo grido è raccolto da Qualcuno e la speranza non delude perché l’amore ci colma i cuori con il dono dello Spirito Santo. Oggi in silenzio preghiamo per tutti i defunti.