don Marco Zaina:
Chi ha anni di esperienza di guida di un veicolo, sa cosa significava trovarsi in una zona sconosciuta, dovendo raggiungere una precisa destinazione, e accorgersi di aver imboccato la strada sbagliata. La necessità era di tornare indietro e imboccare la strada giusta. Non era il caso di iniziare a svoltare a destra o a sinistra percorrendo viuzze laterali: c’era il rischio di perdersi, peggiorando le cose con la conseguente conclusione di doversi fermare e chiedere indicazioni che poi bisognava tenere a mente; e non sempre era facile. Oggi con un navigatore satellitare è tutto molto più semplice, anche se pure quello alle volte può mettere in difficoltà.
E allora cosa si faceva? La manovra della conversione ad “U”: si accostava a destra e appena possibile si manovrava, più o meno pericolosamente, per girare il veicolo e tornare indietro per la stessa strada, fino a trovare la via giusta.
Pensiamo ora alla nostra vita. Quotidianamente ci spostiamo, cerchiamo di raggiungere obiettivi (delle destinazioni), di realizzare qualcosa. In questo “guidare la nostra vita quotidianamente” è possibile che ci troviamo a percorrere la strada sbagliata, quella che porta ben lontano da ciò che desideriamo raggiungere.
Gli errori che possiamo aver fatto possono essere ben diversi, giorno per giorno, di occasione in occasione, e spesso sono dovuti a scelte frettolose o di comodo che sicuramente non ci fanno arrivare prima, o ci fanno arrivare ma pagando prezzi altissimi.
E allora la miglior cosa non è cercare scappatoie, soluzioni apparentemente facili deviando per qualche “sentiero” laterale. Piuttosto val la pena fermarsi e fare quella “conversione ad U, che in tal caso non è una manovra pericolosa, ma salutare. E tornare sui propri passi, rivedendo le tracce, i segni degli sbagli fatti lungo il percorso. Nello stile del buon Samaritano, sostiamo in prossimità dello sbaglio, e cerchiamo di riparare al male fatto. E così di sbaglio in sbaglio, fino a ritrovare la strada giusta.
Solo la conversione ci aiuta a riconoscere gli sbagli e a trovare la strada che avevamo perso, per realizzare il nostro intento.
don Giovanni De Rosa:
In questa domenica ci viene annunciato da Marco il definitivo messaggio di Dio all’umanità: l’arrivo del Regno di Dio. E capite bene che per una novità così grande bisogna essere disposti a tutto. Questo spiega la perentorietà di Gesù, quanto la risposta subitanea dei discepoli. Tutto dipende da un avvenimento che segna una svolta decisiva: l’arrivo della salvezza, promesso e annunciato dai Profeti. Quindi “il tempo” è quello delle scelte fondamentali della fede. Domandiamoci se le abbiamo realmente fatte e se vi siamo coerenti. Il linguaggio di Dio non è quello di questo mondo: ne conosce un altro e Gesù lo ha rivelato. Non si tratta di cambiare “mestiere”, ma di cambiare il livello di realtà. Dio è presente e ci accorda soccorso e salvezza.
fra Roberto Benvenuto:
Il Vangelo di oggi ci narra di vocazione, di chiamata, e di una immediata risposta, che senza aver analizzato prima a tavolino i pro e i contro, porta quattro uomini, semplici pescatori, a mettersi alla sequela di Gesù. Sequela che è coinvolgente e totalizzante.
Convertirsi e mettere Gesù al centro della propria vita esige la capacità e la volontà di relativizzare legami con cose e persone, e di mettersi in ascolto del Vangelo, che è Gesù stesso. Esige di lasciare l’uomo vecchio per diventare un uomo nuovo, e questo ci rimanda immediatamente al nostro Battesimo. La vocazione cristiana che ha il suo fondamento nel Battesimo nasce dunque dall’incontro vero con il Signore Gesù, incontro che produce fatti e cambia la vita.
Chi incontra Gesù, chi sente la potenza del suo sguardo su di sé, chi sente la sua voce che chiama ciascuno per nome, non può non rispondere con gioia il suo sì, e sentirsi sorretto in ogni difficolta e in ogni inciampo dall’amore senza limiti del suo Signore.