due parole per domenica 14 febbraio 2021 – VI domenica del tempo ordinario B

don Giovanni De Rosa:
Siamo arrivati all’ultima domenica del Tempo Ordinario. Oggi Marco ci porge un miracolo. Per Marco esso ha la valenza di “segno”. Cioè presenza della salvezza di Dio per mezzo del Messia. Dovremmo tutti essere colpiti dalla totale fiducia che il lebbroso manifesta nei confronti di Gesù. Capite oggi che quel lebbroso siamo noi. Oggi, in questa domenica siamo noi che diciamo: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Infatti anche noi se ci pensiamo siamo stati chiamati oggi all’Eucarestia e abbiamo risposto, pur con tutte le nostre malattie fisiche, morali e spirituali. E grazie alla grazia di Dio veniamo sanati. Sì anche noi come il lebbroso veniamo oggi, toccati dal Signore, e sanati. Voi vi chiederete come? Guarendo dai nostri peccati. Il peccato, la lebbra, è una malattia seria, che ci distacca da Dio, rinnega il suo amore, rompe l’amicizia con la Chiesa e quindi con i nostri fratelli e sorelle. Ecco allora che per sanarci Gesù ha stabilito il sacramento della Confessione. È Gesù, e sempre solo lui, che ci purifica e ci risana attraverso il ministro: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,23).

fra Roberto Benvenuto:
Ci colpisce profondamente in questa Domenica l’incontro di Gesù con il lebbroso, che non può non avere delle risonanze dentro di noi, che viviamo questo tempo di “lebbra” mondiale, e di tante altre forme di lebbra non meno dolorose. Sì e no conosciamo la lebbra come malattia, per questo è necessario che capiamo che questa, come altre, malattie visibili e orribili, assumevano ai tempi di Gesù tutta una serie di pesanti connotazioni e terribili conseguenze. Essendo considerate un marchio visibile di peccato, connotavano chiaramente il malato come un peccatore, un impuro, con segni di morte su di sé. Doveva vivere lontano da tutti, gridare a chiunque si avvicinava il suo stato, non poteva più frequentare né la società, né il tempio, neppure la famiglia. Un vero e proprio morto vivente. Chiunque lo avesse anche solo sfiorato si sarebbe contagiato di questo stato mortale. E Gesù lo tocca! Sente su di sé il dolore dell’uomo che lo prega, lo tocca, e lo guarisce. Qui sta la grandezza: Gesù, Figlio di Dio, non si contagia, ma contagia l’altro di vita, di salute, di una vera risurrezione. Con la stessa fede del lebbroso allora anche noi possiamo affrontare questo tempo di pandemia, con in cuore la speranza certa in Gesù, il Risorto.  Gesù ci guarisce da ogni “lebbra”, soprattutto dal non amore, vera malattia spirituale che ci allontana gli uni dagli altri.  Gesù ci dona la gioia dell’incontro nel perdono e nella fiducia gli uni verso gli altri.

don Marco Zaina:
La lebbra era una malattia che noi, fortunatamente, non conosciamo, pur essendo presente ancora in qualche parte del mondo.
In antico, essere lebbrosi significava essere emarginati, isolati dalla comunità. L’isolamento invece, molte persone sanno cosa significa. Lo conosciamo anche come quarantena. Due, tre, quattro settimane, alle volte anche più di un mese…… E comprendiamo quale grande valore ha la vita di relazione, il poter stare con gli altri, la salute….
Il lebbroso si rivolge a Gesù dicendo: “Se vuoi, puoi purificarmi”. Ma pensiamo: in quali altri modi avrebbe potuto esprimersi?
Purificami!
Purificami, per favore!
Tu che puoi, purificami.
Purifica anche me!
Fa che possa essere purificato!
Se mi purifichi, in cambio io….
Espressioni caratterizzate da pretesa, presunzione, contrattazione,…..Il lebbroso invece dice semplicemente “Se vuoi, puoi purificarmi”. Si mette nelle sue mani, si rimette alla sua volontà. Una volontà che non dipende da un giudizio e una sentenza, ma che è misericordia. E’ come se avesse detto: “Solo la tua misericordia può purificarmi: ne ho bisogno”.
Il salmo ben esprime tutto ciò: “Beato l’uomo cui è tolta la colpa e coperto il peccato….. Ti ho fatto conoscere il mio peccato, non ho coperto la mia colpa……… tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
All’invocazione: “Se vuoi, puoi purificarmi”, Gesù non discute, non tratta, non scende a compromessi. Semplicemente risponde con compassione e tende la mano. Le nostre mani siano pronte a stringere la mano tesa di Gesù verso di noi.

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