don Marco Zaina:
La settimana scorsa la liturgia della Parola ci ha portati nel deserto: quello dove Gesù viene tentato dal demonio. Questa domenica ci troviamo sul monte: quello di Abramo, dove dovrebbe compiersi un sacrificio; e quello di Gesù con gli apostoli.
La montagna: esperienza straordinaria, per il panorama (se il cielo è sereno), per l’aria fresca pulita che si respira, per il silenzio. Se poi siamo in cima alla montagna ci sembra di essere in un deserto particolare: intorno non c’è nulla, solo pietra, roccia. Non alberi, non abitazioni, solo silenzio e forse qualche animaletto. Ci sembra di toccare il cielo con un dito, specialmente se compare qualche nube che avvolge la vetta della montagna dove stavamo osservando il panorama, e con la vetta avvolge anche noi.
Improvvisamente ci sentiamo persi, nel nulla, e il nostro unico riferimento è solo il luogo dove mettiamo i piedi.
Ebbene: Abramo e gli apostoli, pur in tempi diversi e molto lontani tra loro, hanno vissuto l’esperienza straordinaria della montagna. Ma non per il panorama o per l’aria fresca, pungente. Piuttosto per l’esperienza di fede hanno fatto in quel luogo: così solitario da percepire la presenza di Dio; cosi isolato da non essere disturbati da nulla; così silenzioso da poter ascoltare la voce di Dio; così in alto da credere, dentro una nuvola che nasconde alla vista, di poter tendere la mano e incontrare, stringendola, quella di Dio.
don Giovanni De Rosa:
Oggi al centro del testo vi è la salita di Gesù sull’ “alto monte”. E affinché la fede degli apostoli non vacilli, non crolli, Gesù sceglie Pietro, Giacomo e Giovanni e li fa salire con lui in cima ad un monte, dove fa loro contemplare per un istante la gloria della sua divinità. Che cosa stupenda! Ai tre discepoli viene concesso di contemplare il mondo celeste senza la barriera tra “al di qua” e “al di là”, fra il tempo e l’eternità. E in questo momento di grande emozione ecco che la voce di Dio spiega ai discepoli il significato che assume Gesù avvolto dalla nube, come già era avvenuto per Mosè. Dio rivela Gesù quale Messia, ed esorta ad “ascoltarlo”. Carissimi letto questo testo durante la Quaresima, ci vuole sottolineare due esigenze: il necessario ascolto della Parola, che fa vivere l’uomo, e lo sguardo in avanti verso l’epilogo dell’esistenza terrena di Gesù, che non sarà la passione e la morte, ma l’esaltazione nella gloria della risurrezione.
fra Roberto Benvenuto:
Dal deserto, luogo di solitudine e teatro di tentazione, oggi la Parola ci sospinge con analoga forza a salire alla vetta di un monte. Salire è faticoso, ma raggiungere la vetta e godere di quanto si può osservare dall’alto è fonte di stupore e ammirazione. Ma oggi questa salita la compiamo non da soli, ma insieme a Gesù. La sua compagnia è certezza che questo cammino andrà sicuramente a buon fine, e che al termine ci attende qualcosa di grandioso che darà senso a tutto. Salire sul monte è metafora del nostro faticoso camminare lungo la via della nostra storia, ma se Gesù ci è compagno, se Gesù è sempre con noi, al termine del cammino saremo immersi nella luce senza fine della Pasqua di Risurrezione. La celebrazione della Pasqua che è anche la meta costante di incontro col Signore nella Eucarestia domenicale, dopo aver faticato nel cammino feriale del nostro personale Tabor giornaliero. Se Gesù è centro e fondamento della nostra esistenza, potremo passare dal deserto della tentazione al monte della Trasfigurazione, e, certi del suo amore, ridiscendere nel nostro quotidiano, ma sostenuti e illuminati dalla sua Parola.